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Costituzione di una Banca di credito cooperativo: profili di abusività nell’offerta al pubblico –sulla nozione di “prodotto finanziario”

08 Maggio 2018

L’apertura della sottoscrizione di azioni di una costituenda Bcc costituisce offerta al pubblico di prodotti finanziari, e soggiace alle regole previste in materia dal Testo Unico della Finanza. La vicenda al vaglio della Cassazione nasce dall’impugnazione di una sanzione amministrativa comminata dalla Consob a seguito di un’offerta al pubblico di partecipazioni di una costituenda banca di credito cooperativo in violazione degli artt. 94 e 191 TUF. La Suprema Corte nella sentenza n. 4642/2018 accerta la sussistenza dell’illecito e respinge il ricorso, analizzando le nozioni di “offerta al pubblico” e di “prodotto finanziario”, nonché i profili che caratterizzano l’abusività della prima.

Secondo i giudici di legittimità, per aversi “offerta al pubblico” ex artt. 1 e 94 TUF è necessario che dalla sollecitazione all’investimento emergano informazioni sufficienti “sulle condizioni dell’offerta e sui prodotti finanziari offerti, così da mettere un investitore in grado di decidere e di acquistare o sottoscrivere tali prodotti finanziari”. Nel caso concreto, la Corte ha ritenuto integrati i requisiti alla luce dell’esistenza del prospetto informativo, della specificazione dell’ammontare quantitativo e qualitativo delle azioni offerte e delle modalità e tempistiche per l’adesione.

Con riguardo alla nozione di “prodotto finanziario”, la Cassazione afferma che le azioni offerte da una Bcc in fieri, pur non essendo “strumenti finanziari”, in quanto non negoziabili nel mercato dei capitali (cfr. Comunicazione Consob DAL/99018236 del 16 marzo 1999), rientrano nondimeno nella nozione di “prodotto finanziario” (cfr. Comunicazione Consob DEM/1027182 del 12 febbraio 2001). Ciò in quanto l’art. 1, comma 1, lett u), TUF è stato formulato in maniera aperta e atecnica (Cass. n. 2736/2013), in modo che sia possibile tutelare gli investitori riconducendo nell’alveo normativo le sollecitazioni all’investimento innominate e atipiche. La precedente conclusione è suffragata anche dalla circostanza per cui il socio di una Bcc non effettua il conferimento a fondo perduto, ma impiega il proprio capitale al fine di ottenere un’aspettativa di rendimento e un rischio, conservando sempre il diritto alla liquidazione della propria quota. Non risulta d’altra parte applicabile l’esenzione alle disposizioni vigenti in materia di offerta al pubblico previste nell’art. 33, comma 1, lett d), oggi rinvenibile nell’art. 34 ter, comma 1, lett h) del regolamento di attuazione n. 11971/99, volta a favorire “il reperimento di mezzi per lo svolgimento di attività non lucrative di utilità sociale”. E ciò per due ordini di ragione: (i) dal combinato disposto degli artt. 150 bis TUB e 2514 c.c., comma 1, se ne ricava che le Bcc sono enti aventi un “limitato scopo lucrativo”; (ii) non risulta preponderante la presenza nell’offerta di un richiamo allo spirito mutualistico, poiché il futuro sottoscrittore persegue l’obiettivo di ottenere una maggiore remunerazione del capitale investito e non di beneficiare di un risparmio di spesa o un vantaggio non acquisibile sul mercato (per un esempio in tal senso v. Comunicazione Consob DEM/1027182 del 12 febbraio 2001).

Quanto, infine, al carattere abusivo dell’offerta al pubblico, esso si ritrova, secondo la Cassazione, nel difetto della preventiva approvazione della sollecitazione da parte della Consob, contrariamente a quanto pubblicizzato sul sito del comitato promotore.

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