Nel caso in cui il credito sia garantito da fideiussione ed il creditore non abbia ancora maturato il diritto di escuterla, può sorgere il dubbio, in caso di morte del fideiussore, se l’obbligazione debba o meno venire inserita tra il passivo ereditario.
Cassazione n. 32804 del 9.11.2021 affronta tale problematica, facendo proprio il principio già adottato in sede fiscale in punto di calcolo dell’imposta sulle successioni (TU 346/1990) secondo il quale sono passività solamente i debiti ereditari liquidi ed esigibili, con la conseguenza che le fideiussioni, che non siano già escutibili, non costituiscono debiti ereditari.
Nel caso di specie il defunto aveva escluso dalla successione moglie e figlio, nominando con testamento come unico erede un altro figlio. Nel conseguente giudizio di reintegra si era posto il dubbio se la fideiussione rilasciata dal defunto a favore di una società per un finanziamento bancario dovesse considerarsi debito ereditario da calcolarsi nella ricostruzione dell’asse ereditario ai sensi dell’art. 556 (ovvero sottraendo dall’attivo i debiti del defunto e sommando le donazioni).
La Corte, seguendo il principio fiscale in punto di calcolo dell’imposta sulle successioni, stabilisce che al fine di ricostruire l’asse ereditario si detraggono dall’attivo solamente i debiti del defunto attuali e certi. Pertanto la fideiussione può venire qualificata come debito ereditario solamente se è dimostrata l’insolvibilità del debitore o l’impossibilità di esercitare l’azione di regresso. Nella diversa ipotesi in cui, invece, la fideiussione venga escussa nei confronti degli eredi solamente a distanza di tempo dalla morte del fideiussore, la Cassazione prevede che in questo caso occorra procedere alla reintegra della legittima, rettificando il relativo calcolo.