A seguito delle decisioni del 4 dicembre 2013 e del 7 dicembre 2016, con cui la Commissione Europea ha accertato l’esistenza di un’intesa tra un panel di banche finalizzata alla manipolazione del procedimento di determinazione dell’Euribor tra il 2005 e il 2008, si è sviluppato un contenzioso sempre più crescente avente ad oggetto la validità, nei contratti bancari, della pattuizione di interessi indicizzati ad un parametro collusivamente alterato. Con ordinanza n. 34889 del 13 dicembre 2023, la Cassazione si è pronunciata per la prima volta sul tema, affermando che gli accertamenti condotti dalla Commissione Europea costituiscono una prova privilegiata idonea a sostenere la domanda volta alla declaratoria di nullità della clausola relativa ai tassi manipolati ed alla rideterminazione degli interessi. Nell’argomentare della Suprema Corte non assume alcun rilievo la partecipazione dell’intermediario alle denunziate pratiche illecite, giacché deve ritenersi che qualsiasi negozio concluso a valle dell’intesa sia colpito da nullità. Le prime pronunce di merito successive all’ordinanza hanno applicato la regola generale di cui all’art. 1284 c.c., sostituendo gli interessi corrispettivi con il tasso legale nel periodo in cui il parametro di indicizzazione è risultato manipolato (cfr. App. Cagliari, 18 gennaio 2024; App. Trieste, 24 gennaio 2024). Tali precedenti, evidentemente, aprono le porte a una serie di pretese restitutorie da parte di tutta la clientela bancaria che abbia intrattenuto finanziamenti a tasso variabile indicizzati all’Euribor tra il 2005 e il 2008, ancorché i rapporti si siano nel mentre estinti da meno di dieci anni (tenuto conto del termine di prescrizione ordinaria decorrente dalla chiusura dei rapporti, e così ad oggi dal 2014 in avanti). Le ricadute economiche di tale impostazione sono nel complesso molto significative e sono quantificate, secondo le prime stime, solo per i mutui a tasso variabile, tra i 13,5 miliardi e i 16 miliardi di euro. Questo se la giurisprudenza di merito si andrà a consolidare al precedente della Cassazione. Nondimeno, a spezzare questa tendenza, si segnala una recente decisione, secondo cui non sarebbe possibile qualificare come contratto a valle, agli effetti della repressione dell’intesa anticoncorrenziale, qualsiasi contratto di credito in corso di esecuzione negli anni tra il 2005 e il 2008 e parametrato all’Euribor (Trib. Torino, 29 gennaio 2024).