È noto che, in tema di negoziazione e pagamento di assegno bancario non trasferibile, grava sull’istituto di credito il dovere professionale di verificare la corrispondenza tra il portatore del titolo e il beneficiario dello stesso. In caso di omessa verifica, o comunque di pagamento a soggetto diverso dal beneficiario risultante dal titolo di credito, l’art. 43, co. 2, del Regio Decreto 1736/1933 prevede la responsabilità risarcitoria della banca a favore del legittimo beneficiario.
Ciò detto, quid iuris nel caso in cui l’intestatario del titolo agisca come rappresentante del reale beneficiario dell’ordine di pagamento? La soluzione viene offerta dalla Corte di Cassazione che, con ordinanza 16891/2018, ha stabilito che “[l]a banca negoziatrice di un assegno – di traenza o circolare – non trasferibile, ha l’obbligo di verificare l’esatta corrispondenza del nominativo dell’intestatario del titolo con quello del portatore all’incasso e, nel caso in cui dal titolo risulti che l’intestatario agisce in nome e per conto dell’effettivo beneficiario (come, ad esempio, quando l’assegno è intestato a Tizio, nella qualità di curatore del fallimento Alfa), deve sincerarsi che l’incasso avvenga mediante accreditamento delle somme su un conto intestato al beneficiario. Sulla banca, infatti, grava un obbligo professionale di protezione (preesistente, specifico e volontariamente assunto) nei confronti di tutti i soggetti interessati al buon fine della sottostante operazione. Tale obbligo di protezione, tuttavia, si limita a quanto risulta dal titolo e non implica la necessità di effettuare ulteriori verifiche su elementi extratestuali”.
Pertanto, in caso di menzione sull’assegno della generica qualifica di “curatore”, senza ulteriori specifiche (e.g. del fallimento Alfa), non è richiesta alla banca un’ulteriore verifica del rapporto sottostante ovvero della sussistenza effettiva dell’obbligazione in questione, né se le somme debbano essere versate su un conto differente da quello del rappresentante in quanto non sempre la legge impone, come diversamente accade nell’art. 34 della legge fallimentare, che il curatore operi su un conto differente. Ciò che rileva è dunque l’identificazione del portatore, la verifica della corrispondenza della sua identità con il beneficiario del titolo e il controllo della regolarità formale dello strumento.